La noia
Che noia, sto cercando un
carattere di stampa che mi vada bene, ma non ne trovo. I vecchi stampatori mi
dicevano che per non stancare gli occhi si sapeva empiricamente (dalla
praticaccia insomma) che usando lettere con i baffetti ci si stancava di meno.
Ma non lo trovo, sono tutti sans, sans quoi? Sans serif, ah, si il
baffetto si chiama serif. Ora ci manca solo che nel trasferire il testo al
sito si perda anche questo…e addio messaggio. Il serif in italiano si chiama
grazia o bastone. Cosa? Una grazia per gli occhi. Va bene, ma bastone? Che
c’entra la grazia col bastone. Ma forse per qualcuno le due cose sono
intercambiabili. E togli quel ghigno
dalla faccia !
Al cinema o nei romanzi ti
imbatti in situazioni inverosimili, forzate dalla esiguità del tempo e dalla
trama che deve pur svilupparsi. A James Bond basta un’alzata di ciglio per far
calar mutande senza che nessuno le tocchi o far passare la fortunata dalla
posizione verticale alla orizzontale alla scena successiva. Lo accettiamo: è
Bond, James Bond. Il resto siamo liberi di immaginarlo. E’ il gioco di
avvicinamento che ci avvince. Ma a ripensarci può accadere davvero. E quando
accade nemmeno ti meravigli. Accade e basta.
Da alcune settimane ero in un
albergo a Jersey. Una isoletta normanna al largo della Francia. E’ rimasta
sempre proprietà del duca di Normandia, cioè la regina d’Inghilterra. E’ popolata da poveri esuli evasori che sono prigionieri dei loro milioni in
questo paradiso fiscale. E io facevo
solo lo studente cameriere. Come me altri, a dozzine, perché qui si parla
inglese e a me interessava questo. La paga era minima, ma c’era una bella casa
di otto stanze dietro l’albergo a disposizione delle cameriere e camerieri più il vitto e la sparuta mancia. Ce n’erano
di tutti i paesi: francesi, italiani, irlandesi, un ragazzo cecoslovacco rifugiato politico, dopo
i fatti dell’anno prima – era il 1969– , un ex sergente in pensione, qualche
maltese. Di inglese c’era solo il personale della reception, i due direttori e
l’uomo della manutenzione.
Ognuno aveva una sua mira,
qualcosa da raggiungere.
Fra questa popolazione di
inservienti c’erano due sorelle carine che riassettavano le stanze. Erano
sempre insieme, erano arrivate insieme da poco e occupavano insieme la stessa
stanza: quella accanto alla mia. Avevano subito attirato l’attenzione della
popolazione testosteronica. Loro erano
di lingua inglese e io me ne tenevo alla lontana impacciato com’ero dalla mia
limitata capacità di comunicare. La sera le sentivo sghignazzare attraverso il
muro sottile. Poi tutto si faceva
silenzio. Avevo una radiolina che era spesso accesa ma che capivo pochissimo.
Ma il rumore, la cadenza dell’inglese mi serviva. Una sera ero a letto e, come
sempre, leggevo. Era tardi e sento un toc, toc
lieve alla porta. Non avevo
nessun dubbio che fosse una delle sorelle. Le avevo sentite ridere fino ad
allora.
Mi alzo, vado alla porta: era Colleen,
la più giovane e carina delle due, li in piedi con un babydoll rosa da quattro
soldi. Non ebbi il minimo dubbio di cosa fosse venuta a fare. Non ha una
sigaretta in mano ed è mezza nuda. Il mio letto è scoperto e le faccio cenno di
accomodarsi. Si mette subito sotto le coperte, non faceva caldissimo. La
raggiungo e mi stringo accanto a lei. Le parole furono poche e io non avevo
nessuna intenzione di rovinare tutto tentando di fare una qualche battuta
stupida mal posta.
Cominciammo a baciarci e
carezzarci, il mio amico si era rizzato due secondi dopo essere entrato sotto
le coperte. Lei aveva delle ottime gambe, del tipo che piacciono a me e per un
poco tremammo entrambi dalla eccitazione. Ci baciammo. Le carezzai le spalle e
il seno, lo succhiai e lei emetteva mugolii muti e ansimanti. Sono certissimo
che la sorella origliava dall’altra parte del muro. Le carezzavo un culo
dolcissimo con entrambe le mani e me la tirai addosso. Accidenti, volevo
davvero coprirmi tutto di lei e quel
culo che si muoveva pianino, pianino. Feci cenno a tirarle giù le mutande: no,
fece, no, sono vergine. Accidenti: proprio a me doveva capitare? E mo? Mi dico: che vuole questa? Ma non dovevo
sprecare quello che avevo. La metto accanto e comincio a carezzarle la passera
da fuori, assicurandola che non avrei fatto nulla di irrimediabile, mi lascia
fare. Insinuo la mano sotto le mutande, trovo una lanugine soffice, carina, che
carezzo senza forza. Poco dopo spinge in avanti l’inguine e apre le gambe. Si
apre, la trovo umida. No, bagnata.
Mi ha preso in mano e mi sta
menando con una certa energia. La faccio cenno di calmarsi. Non è un pestello
da mais.
Ho capito: vuole solo farsi
toccare, quell’inguine però continua
senza fermarsi. Ho tutta la fica in mano e il medio è scivolato dentro da solo. Adesso, mi dico, lascio fare a
lei, sa meglio di me cosa vuole. Si muove in maniera che il mio medio funzioni
da minicazzo. Lo fa entrare e uscire muovendo l’inguine e la assecondo nella
penetrazione. Sono in una posizione scomoda
sul mio fianco destro, un braccio intorpidito ma, non dico nulla.. È lei
a dettare il suo ritmo, ansima a ritmo. Con sua la sinistra mi tiene il cazzo
serrato, un movimento sconnesso , irregolare. E’ molto bella nel piacere, occhi
chiusi, labbra appena aperte, narici tese. La bacio, risponde famelicamente, le
succhio con difficoltà i seni, l’inguine fa forza adesso, si vuole alzare, la
tengo giù, si inchioda ogni volta sul mio medio penetrandosi duramente
nonostante le sue paure, è gonfia molto. Continua per molto, ondeggiando
quell’inguine. Lo sento, è tutta concentrata laggiù.
Poi, mentre le succhio ancora
il seno, si irrigidisce, si inarca ed esplode. Mi fermo, sento gli spasmi di un
orgasmo appena muto intorno al mio medio, ha delle piccole convulsioni, a onde,
sempre meno. Si calma. Apre gli occhi. Mi sorride e mi bacia. Mi tiene stretto.
Si è girata verso di me. Ha cambiato mano. Mi ha preso con la destra. Mi fa
cenno che vuole finirmi. Le sorrido. La lascio fare, come sempre lo fanno male.
Io non conosco loro e loro non conoscono me. Metto la mia mano sulla sua. La
tengo ferma. Sarò io a muovermi. Capisce. Continuo fino alla fine che arriva poco
dopo. Sarà vergine, ma certamente sa quello che succede. Le porgo dei
fazzolettini e lei pulisce per bene, contenta. Stiamo li ancora un poco fermi a
farci carezze e baciarci. Quel culo è incredibile! Non passa molto e il cazzo
sta venendo su di nuovo. Lei se ne accorge.
Mi regala un sorriso enorme, un bacino, poi si alza, si mette a posto il
babydoll, -che idea!- ed esce dalla stanza. La sento che ridacchia con la
sorella nella stanza accanto. Riprendo il mio libro ma non riesco a concentrarmi. Al diavolo! Spengo la luce,
accomodo il cuscino sotto la testa.
Una per
me James Bond!