(parte prima)
La luce del sole
l’odore di fieno tagliato da poco sono le sensazioni che colpirono J appena fu
sulla scaletta dell’aereo. Si guardò intorno e vide solo la spianata
dell’aeroporto, anonima, come tante altre che si ricordava in Africa.
Solo che questa era in Italia. Per la prima volta .
J aveva 14 anni compiuti l’autunno
precedente, era coi genitori ed andavano ad occupare una parte di casa che
un’amica della madre le aveva concesso per le vacanza. Una casa dimessa
ma ordinata, raramente occupata, in una campagna toscana. La campagna e il
terreno venivano curati da un fattore che a sua volta occupava un’altra casa
poco distante.
Il padre di J era un
ufficiale di carriera perennemente in movimento col suo reggimento da un
posto all’altro nelle varie basi che l’esercito inglese, per tradizione,
prestigio o convenienza di patria, ha sparsi in tutto il mondo. J, come
tante figlie di ufficiali, era stata parcheggiata fin da piccola prima
con i nonni paterni e poi a dodici anni era stata mandata in un college dove
riceveva le sporadiche visite dei genitori. Il college era popolato da bambine
e ragazze come lei. I genitori troppo impegnati per prendersi cura dei figli.
Apparivano a Natale, Pasqua e per sette settimane in estate. Perfino i
mid-term, settimane di vacanze in mezzo ai trimestri, li passava in collegio.
Durante i mid-term le lezioni erano interrotte e almeno la metà delle ragazze
non tornavano in famiglia ma facevano delle “vacanze” trasferendosi in altri
college in altre parti dell’Inghilterra a scoprire altre regioni. Era così che
aveva visitato la Scozia , il Galles e i
Cotswalds. I colleges fra di loro si scambiavano ospitalità: costava di
meno che mandarle in albergo. A dodici anni J era arrivata a Harebrook, un
college in campagna che ospitava circa quattrocento ragazze. La vita del
college correva a ritmi molto strutturati. Sveglia, pulizia, colazione,
lezioni, lunch, ancora lezioni e poi sport, tutti i pomeriggi fino alle sei,
sia nei campi sportivi che nelle palestre, cena e ricreazione e infine ninna.
Le camere da letto erano infilate in vari locali ed erano tutte nei piani alti.
Il caseggiato si sviluppava su tre lati di un quadrato con al centro il solito
prato rasato cortissimo. I caseggiati conosciuti come “houses” servivano anche
a creare ad arte ed alimentare lo spirito competitivo fra le ragazze, specie
nello sport. Si gareggiava per la propria “house” all’interno e per il proprio
college all’esterno in gare con altri colleges e scuole. Ogni stanza ospitava
quattro cinque ragazze, a ciascuna un proprio spazio, e poi cucinino e
bagno in comune. Nessuna si sentiva sola. Appena J arrivò le fu assegnato
un “angelo custode” che la doveva informare e proteggere per il periodo di
avviamento nel college. L’angelo era sempre una ragazza del terzo anno che
fungeva da sorella maggiore. Nel cucinino venivano preparati extra a volontà e
le ragazze erano incoraggiate a imparare a cucinare poi qualcuna si
entusiasmava troppo con relativo consumo eccessivo di cibo, ma erano poche.
J si rese presto conto
che alcune ragazze a volte si facevano “compagnia” durante la notte. Il
pretesto era un malore, un dispiacere, una qualche cattiva notizia. Si rese
anche conto che quando succedeva si sentivano anche respiri affannosi e qualche
gemito. Le più grandi sapevano benissimo cosa stava succedendo e nessuno nel
college ci faceva caso. Tanto, prima o poi partecipavano tutte, non solo si
sostenevano a vicenda nei loro problemi emotivi ma anche e non c’era altro modo
di imbrigliare la sessualità nascente di tante adolescenti ma nessuno ne
parlava. Tutti la consideravano una cosa normale. Fu così che nel secondo anno,
la sua vicina di letto che era più grande di lei e con cui aveva un rapporto
più amichevole, venne a stare con lei sotto le coperte. Prue la abbraccio
e J sentì un calore sconosciuto che la invadeva per la prima volta e le
piaceva. Senza pensarci troppo si abbandonò agli abbracci e carezze di Prue e
ai bacetti che le dava sul collo. Le piaceva e poi stava più calda così. Nelle
settimane che seguirono si scambiarono letto spesso nel buio. Ricambiava le
carezze di Prue allo stesso modo e ora davvero ci aveva preso gusto.
Passato l’inverno si toglievano completamente i pigiami nel il letto e si
carezzavano nude. Era molto piacevole. Si leccavano i seni a vicenda fino a che
cominciavano a solleticare troppo. J era consapevole del brulichio che la
coglieva fra le gambe a si stringeva istintivamente ad una gamba di Prue. Fu
così che ebbe il suo primo orgasmo. Prue era felicissima per lei e glielo
disse. J, è meraviglioso, hai goduto come una vera donnetta! Ti piacerà sempre
di più, la assicurò. Da li a passare a leccarsi le giovani fighette appena
pelose ci volle poco. Incominciarono così ad essere una “coppia fissa”. Di
coppie fisse nel college ce n’erano tantissime. Naturalmente moltissime
fantasticavano anche su come sarebbe stato con un ragazzo intanto facevano
pratica saffica in attesa di provare con qualche boy fuori dal college.
Nel college c’era una
nurse permanente che si prendeva cura delle necessità delle ragazze distribuiva
tamponi; teneva la salute delle ragazze in ordine aiutata quando necessario da
un ginecologo e un medico generico. La nurse, che tutti chiamavano Matron, si faceva anche carico
di impartire alle ragazze una educazione sessuale di base e a centinaia avevano
affrontato con lei il primo periodo e la prima inserzione di tamponi.
Quello era il tipo preferito nella maggior parte dei casi a causa della
intensa attività sportiva delle ragazze. Fu dopo una serie di lezioni in
educazione sessuale che la curiosità spinse J a volerne sapere di più da Prue e
per la prima volta Prue, nel carezzarla, la penetrò con un dito. J fu
sconvolta dal piacere intenso che ne ebbe e rimproverò l’amica di non averlo
fatto prima. Prue le disse che c’era dell’altro e J volle saperlo
immediatamente. Prue scivolò lungo il corpo di J che stava crescendo a vista
d’occhio e le mise la bocca fra le gambe. Leccando J delicatamente e con tanta
saliva. J cominciò a torcersi, era troppo, era troppo dolce. Istintivamente spinse
l’inguine verso al bocca di Prue e si aprì al piacere. Era incredibile che
fosse così piacevole. Stringeva gli occhi nel semibuio e scuoteva la testa.
Fece rumore oltre il normale e nel dormitorio si svegliarono tutte a osservare
l’iniziazione di J. Ora era una di loro. J era cresciuta attraverso un orgasmo
di una intensità incontrollabile. Poi J volle farlo a Prue che la lasciò fare.
Si addormentarono tenendosi abbracciate. Nei loro bisbigli Prue le aveva detto
che con i ragazzi sarebbe stato ancora meglio. J non ci credeva ma era
curiosissima di saperlo.
ah peeeeerò!
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