Sedeva di fronte, al
tavolo di fronte. Nella stanza c’erano sei scrivanie, quattro altri colleghi e
colleghe di età varia fra i trenta e i sessanta con capacità varie e voglia di
lavorare varie. Io facevo il lavoro che
mi veniva assegnato e cercavo di essere diligente ma… avevo anche Sandra seduta
di fronte. No, non sto creando scuse per il mio lavoro. Tutt’altro. Fin dal
primo giorno Pensavo che essere in ufficio e con una Sandra di fronte fosse una
situazione paradisiaca.
Sandra, spesso con la
gonna attillata. Sandra era una bellezza mediterranea classica. La natura era
stata generosa con Sandra. Mora con un bel viso ovale occhi enormi, un seno che
era impossibile nascondere e delle gambe da colonne doriche terminanti in una
apoteosi di culo, gonne attillata, la gonne da tailleur.
Sandra si alza.
Lo spazio fra le
scrivanie era stretto. Si passava solo di traverso e lei era costretta a
infilarsi fra lo spazio rivolgendomi quell’apoteosi di culo che nessun maschio
con gli ormoni a posto poteva non guardare. Io lo facevo di soppiatto, per
discrezione e perché le altre invece guardavano noi maschi, i nostri occhi,
invidiose. Sandra indossava sempre un profumo che non potevi non notare, era
discreto ma inconfondibile. Sandra esce dallo spazio fra le scrivanie e per
farlo era costretta a roteare quei fianchi da sogno. Momento di pausa mentale e riprendo il lavoro. Che bella
cavalla penso. Non so se sia una fortuna o una maledizione.
Sandra in guêpière, calze
e tacchi che mezza svestita attraversa la stanza e si reca al bagno. Ne usciva
senza mutande con un triangolo nero in mostra che era come una sfida. La mia
erezione era incontenibile. Sandra si
toglie la guêpière e i seni si affacciano, liberati, prepotenti. Davvero erano
formidabili. Si inginocchia sul letto e si abbassa verso di me.
6.30. Che sogno di merda!
Ora che faccio? Devo alzarmi. Sono incazzato. Ora mi tocca prepararmi e uscire
rifare il viaggio verso l’ufficio. Verso Sandra. Arrivo, entro e mi siedo, tiro
fuori il mio lavoro del giorno e sciorino le carte sulla scrivania. Maledico le
mie voglie. Sandra è più grande di me di qualche anno. Io sono assolutamente
maldestro, impacciato e alle prime armi. Sia con le donne che con la carriera.
Soldi a centesimi. Entra Sandra, sorride a tutti, le perdono tutto a vederla.
Le ammicco un sorriso bugiardo che finge disinteresse.
Un cazzo!
Vorrei saltarle addosso e
farle vedere quanto la “amo”.
Da quando ero arrivato in
quell’ufficio non avevo mai parlato mai con Sandra a parte in soliti consueti
saluti. Era meglio che non parlassi, avrei balbettato e sarei arrossito fino
all’inverosimile. Ma i miei ormoni erano allo spasimo e i feromoni riempivano
la stanza scalzando tutto il resto. Così
pensavo. Sandra intanto mi lanciava piccoli sguardi, per curiosità. Lo so. Lei
godeva della mia infatuazione e dei miei silenzi impacciati. Era un gioco perché a volte le vedevo un
sorrisino sulla bocca senza una ragione palese.
Un giorno avvenne che uno
dei cassetti della sua scrivania si fosse bloccato e nonostante gli sforzi di
vari volontari non ne volle sapere di aprirsi. Venne l’uomo dalla manutenzione
con una sbarra. Forzò il cassetto rompendolo da cui piovve una cascata di carte
sul pavimento. Sandra era bella per tutti e non solo per me la macchina burocratica
si mise in moto: la mattina dopo al posto della vecchia scrivania ce n’era una
nuova fiammante. Sandra rimase sorpresa e contenta. Poco dopo apparve l’uomo
viscido dell’Ufficio acquisti per estrarre la sua parte di ringraziamenti,
sorrisi e perfino l’offerta di un caffè al bar di sotto. Le altre: mute e apparentemente
indifferenti. Sandra torna e mette a
posto le sue carte. E poi si siede. Visione.
La nuova scrivania ha
un’asse di traverso sul fronte ma fra l’asse e il piano di lavoro c’è uno
spazio di quindici centimetri e… le gambe di Sandra sono in bellissima mostra.
La sua gonna sempre aderente à salita rivelando oltre metà di quelle colonne.
Grazie signore della tua provvidenza! Sandra si accorge che le sto guardando le
gambe. Le accavalla, le scambia, le allunga, le apre le chiude. Nessuno si
accorge di nulla perché i tavoli sono troppo vicini e nessuno ha una vista
diretta. Ora lo so che lei vuole che io la guardi. Perversione! Perversione!
I miei sogni continuano
ad essere turbati da visioni di Sandra
in tutte le guise e in tutte le posizioni.
Non c’è nessuno in
ufficio. Solo noi due. Mi parla. Mi dice che ha un mobile a casa che vorrebbe
spostare e non ce la fa da sola con la madre anziana. Certo, dico, mentre il
cuore mi sale in gola e mi sforzo di non tradire il mio entusiasmo. Mi lascia
il suo indirizzo su un bigliettino chiedendomi di non dire nulla agli altri,
per discrezione. Certo, capisco.
(Continua)
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