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domenica 10 febbraio 2013

L'estate di Janice


(parte prima)



La luce  del sole l’odore di fieno tagliato da poco sono le sensazioni che colpirono J appena fu sulla scaletta dell’aereo. Si guardò intorno e vide solo la spianata dell’aeroporto, anonima,  come tante altre che si ricordava in Africa. Solo che questa era in Italia. Per la prima volta .

J aveva 14 anni compiuti l’autunno precedente, era coi genitori ed andavano ad occupare una parte di casa che un’amica della madre le aveva  concesso per le vacanza. Una casa dimessa ma ordinata, raramente occupata, in una campagna toscana. La campagna e il terreno venivano curati da un fattore che a sua volta occupava un’altra casa poco distante.
Il padre di J era un ufficiale di carriera perennemente in movimento col suo reggimento da  un posto all’altro nelle varie basi che l’esercito inglese, per tradizione, prestigio o convenienza di patria, ha  sparsi in tutto il mondo. J, come tante figlie di ufficiali,  era stata parcheggiata fin da piccola prima con i nonni paterni e poi a dodici anni era stata mandata in un college dove riceveva le sporadiche visite dei genitori. Il college era popolato da bambine e ragazze come lei. I genitori troppo impegnati per prendersi cura dei figli. Apparivano a Natale, Pasqua e per sette settimane in estate. Perfino i mid-term, settimane di vacanze in mezzo ai trimestri, li passava in collegio. Durante i mid-term le lezioni erano interrotte e almeno la metà delle ragazze non tornavano in famiglia ma facevano delle “vacanze” trasferendosi in altri college in altre parti dell’Inghilterra a scoprire altre regioni. Era così che aveva visitato la Scozia, il Galles e i Cotswalds.  I colleges fra di loro si scambiavano ospitalità: costava di meno che mandarle in albergo. A dodici anni J era arrivata a Harebrook, un college in campagna che ospitava circa quattrocento ragazze.  La vita del college correva a ritmi molto strutturati. Sveglia, pulizia, colazione, lezioni, lunch, ancora lezioni e poi sport, tutti i pomeriggi fino alle sei, sia nei campi sportivi che nelle palestre, cena e ricreazione e infine ninna. Le camere da letto erano infilate in vari locali ed erano tutte nei piani alti. Il caseggiato si sviluppava su tre lati di un quadrato con al centro il solito prato rasato cortissimo. I caseggiati conosciuti come “houses” servivano anche a creare ad arte ed alimentare lo spirito competitivo fra le ragazze, specie nello sport. Si gareggiava per la propria “house” all’interno e per il proprio college all’esterno in gare con altri colleges e scuole. Ogni stanza ospitava quattro cinque ragazze, a ciascuna un proprio spazio, e poi  cucinino e  bagno in comune. Nessuna si sentiva sola. Appena J arrivò le fu assegnato un “angelo custode” che la doveva informare e proteggere per il periodo di avviamento nel college. L’angelo era sempre una ragazza del terzo anno che fungeva da sorella maggiore. Nel cucinino venivano preparati extra a volontà e le ragazze erano incoraggiate a imparare a cucinare poi qualcuna si entusiasmava troppo con relativo consumo eccessivo di cibo, ma erano poche.
J si rese presto conto che alcune ragazze a volte si facevano “compagnia” durante la notte. Il pretesto era un malore, un dispiacere, una qualche cattiva notizia. Si rese anche conto che quando succedeva si sentivano anche respiri affannosi e qualche gemito. Le più grandi sapevano benissimo cosa stava succedendo e nessuno nel college ci faceva caso. Tanto, prima o poi partecipavano tutte, non solo si sostenevano a vicenda nei loro problemi emotivi ma anche e non c’era altro modo di imbrigliare la sessualità nascente di tante adolescenti ma nessuno ne parlava. Tutti la consideravano una cosa normale. Fu così che nel secondo anno, la sua vicina di letto che era più grande di lei e con cui aveva un rapporto più amichevole, venne a stare con lei sotto le coperte.  Prue la abbraccio e J sentì un calore sconosciuto che la invadeva per la prima volta e le piaceva. Senza pensarci troppo si abbandonò agli abbracci e carezze di Prue e ai bacetti che le dava sul collo. Le piaceva e poi stava più calda così. Nelle settimane che seguirono si scambiarono letto spesso nel buio. Ricambiava le carezze di Prue allo stesso modo e ora davvero ci aveva preso gusto.  Passato l’inverno si toglievano completamente i pigiami nel il letto e si carezzavano nude. Era molto piacevole. Si leccavano i seni a vicenda fino a che cominciavano a solleticare troppo. J era consapevole del brulichio che la coglieva fra le gambe a si stringeva istintivamente ad una gamba di Prue. Fu così che ebbe il suo primo orgasmo. Prue era felicissima per lei e glielo disse. J, è meraviglioso, hai goduto come una vera donnetta! Ti piacerà sempre di più, la assicurò. Da li a passare a leccarsi le giovani fighette appena pelose ci volle poco. Incominciarono così ad essere una “coppia fissa”. Di coppie fisse nel college ce n’erano tantissime. Naturalmente  moltissime fantasticavano anche su come sarebbe stato con un ragazzo intanto facevano pratica saffica in attesa di provare con qualche boy fuori dal college.
Nel college c’era una nurse permanente che si prendeva cura delle necessità delle ragazze distribuiva tamponi; teneva la salute delle ragazze in ordine aiutata quando necessario da un ginecologo e un  medico generico. La nurse, che tutti chiamavano Matron, si faceva anche carico di impartire alle ragazze una educazione sessuale di base e a centinaia avevano affrontato con lei il primo periodo e la prima inserzione di tamponi. Quello era il tipo  preferito nella maggior parte dei casi a causa della intensa attività sportiva delle ragazze. Fu dopo una serie di lezioni in educazione sessuale che la curiosità spinse J a volerne sapere di più da Prue e per la prima volta Prue, nel carezzarla, la penetrò con un dito. J  fu sconvolta dal piacere intenso che ne ebbe e rimproverò l’amica di non averlo fatto prima. Prue le disse che c’era dell’altro e J volle saperlo immediatamente. Prue scivolò lungo il corpo di J che stava crescendo a vista d’occhio e le mise la bocca fra le gambe. Leccando J delicatamente e con tanta saliva. J cominciò a torcersi, era troppo, era troppo dolce. Istintivamente spinse l’inguine verso al bocca di Prue e si aprì al piacere. Era incredibile che fosse così piacevole. Stringeva gli occhi nel semibuio e scuoteva la testa. Fece rumore oltre il normale e nel dormitorio si svegliarono tutte a osservare l’iniziazione di J. Ora era una di loro. J era cresciuta attraverso un orgasmo di una intensità incontrollabile. Poi J volle farlo a Prue che la lasciò fare. Si addormentarono tenendosi abbracciate. Nei loro bisbigli Prue le aveva detto che con i ragazzi sarebbe stato ancora meglio. J non ci credeva ma era curiosissima di saperlo.

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