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lunedì 16 gennaio 2012

Sandra si alza (Prima parte)

 

Sedeva di fronte, al tavolo di fronte. Nella stanza c’erano sei scrivanie, quattro altri colleghi e colleghe di età varia fra i trenta e i sessanta con capacità varie e voglia di lavorare varie.  Io facevo il lavoro che mi veniva assegnato e cercavo di essere diligente ma… avevo anche Sandra seduta di fronte. No, non sto creando scuse per il mio lavoro. Tutt’altro. Fin dal primo giorno Pensavo che essere in ufficio e con una Sandra di fronte fosse una situazione paradisiaca.
Sandra, spesso con la gonna attillata. Sandra era una bellezza mediterranea classica. La natura era stata generosa con Sandra. Mora con un bel viso ovale occhi enormi, un seno che era impossibile nascondere e delle gambe da colonne doriche terminanti in una apoteosi di culo, gonne attillata, la gonne da tailleur.
Sandra si alza.
Lo spazio fra le scrivanie era stretto. Si passava solo di traverso e lei era costretta a infilarsi fra lo spazio rivolgendomi quell’apoteosi di culo che nessun maschio con gli ormoni a posto poteva non guardare. Io lo facevo di soppiatto, per discrezione e perché le altre invece guardavano noi maschi, i nostri occhi, invidiose. Sandra indossava sempre un profumo che non potevi non notare, era discreto ma inconfondibile. Sandra esce dallo spazio fra le scrivanie e per farlo era costretta a roteare quei fianchi da sogno. Momento di pausa  mentale e riprendo il lavoro. Che bella cavalla penso. Non so se sia una fortuna o una maledizione.

Sandra in guêpière, calze e tacchi che mezza svestita attraversa la stanza e si reca al bagno. Ne usciva senza mutande con un triangolo nero in mostra che era come una sfida. La mia erezione era  incontenibile. Sandra si toglie la guêpière e i seni si affacciano, liberati, prepotenti. Davvero erano formidabili. Si inginocchia sul letto e si abbassa verso di me.

6.30. Che sogno di merda! Ora che faccio? Devo alzarmi. Sono incazzato. Ora mi tocca prepararmi e uscire rifare il viaggio verso l’ufficio. Verso Sandra. Arrivo, entro e mi siedo, tiro fuori il mio lavoro del giorno e sciorino le carte sulla scrivania. Maledico le mie voglie. Sandra è più grande di me di qualche anno. Io sono assolutamente maldestro, impacciato e alle prime armi. Sia con le donne che con la carriera. Soldi a centesimi. Entra Sandra, sorride a tutti, le perdono tutto a vederla. Le ammicco un sorriso bugiardo che finge disinteresse.
Un cazzo!
Vorrei saltarle addosso e farle vedere quanto la “amo”.

Da quando ero arrivato in quell’ufficio non avevo mai parlato mai con Sandra a parte in soliti consueti saluti. Era meglio che non parlassi, avrei balbettato e sarei arrossito fino all’inverosimile. Ma i miei ormoni erano allo spasimo e i feromoni riempivano la stanza  scalzando tutto il resto. Così pensavo. Sandra intanto mi lanciava piccoli sguardi, per curiosità. Lo so. Lei godeva della mia infatuazione e dei miei silenzi impacciati.  Era un gioco perché a volte le vedevo un sorrisino sulla bocca senza una ragione palese.

Un giorno avvenne che uno dei cassetti della sua scrivania si fosse bloccato e nonostante gli sforzi di vari volontari non ne volle sapere di aprirsi. Venne l’uomo dalla manutenzione con una sbarra. Forzò il cassetto rompendolo da cui piovve una cascata di carte sul pavimento. Sandra era bella per tutti e non solo per me la macchina burocratica si mise in moto: la mattina dopo al posto della vecchia scrivania ce n’era una nuova fiammante. Sandra rimase sorpresa e contenta. Poco dopo apparve l’uomo viscido dell’Ufficio acquisti per estrarre la sua parte di ringraziamenti, sorrisi e perfino l’offerta di un caffè al bar di sotto. Le altre: mute e apparentemente indifferenti. Sandra torna  e mette a posto le sue carte. E poi si siede. Visione.
La nuova scrivania ha un’asse di traverso sul fronte ma fra l’asse e il piano di lavoro c’è uno spazio di quindici centimetri e… le gambe di Sandra sono in bellissima mostra. La sua gonna sempre aderente à salita rivelando oltre metà di quelle colonne. Grazie signore della tua provvidenza! Sandra si accorge che le sto guardando le gambe. Le accavalla, le scambia, le allunga, le apre le chiude. Nessuno si accorge di nulla perché i tavoli sono troppo vicini e nessuno ha una vista diretta. Ora lo so che lei vuole che io la guardi. Perversione! Perversione!

I miei sogni continuano ad essere turbati da visioni di Sandra  in tutte le guise e in tutte le posizioni.

Non c’è nessuno in ufficio. Solo noi due. Mi parla. Mi dice che ha un mobile a casa che vorrebbe spostare e non ce la fa da sola con la madre anziana. Certo, dico, mentre il cuore mi sale in gola e mi sforzo di non tradire il mio entusiasmo. Mi lascia il suo indirizzo su un bigliettino chiedendomi di non dire nulla agli altri, per discrezione. Certo, capisco.
(Continua)

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